Quando le persone con una memoria autobiografica altamente superiore alla media – ad esempio coloro che ricordano cosa hanno mangiato a colazione in un giorno specifico di 10 anni fa – vengono testate per verificare l’accuratezza dei loro ricordi, si scopre che anche loro sono passibili di falsi ricordi. Studiando cosa accade a queste persone, si riesce anche a dare una spiegazione di come funzionino.
Falsi ricordi: cosa ci spiegano le ricerche
Una ricerca pubblicata nel 2013 su National Academy of Sciences (PNAS) ha scoperto che anche le persone con una memoria fenomenale sono suscettibili di falsi ricordi, e suggerisce che le distorsioni della memoria sono basilari e diffuse negli esseri umani, ed è improbabile che qualcuno ne sia immune.
La professoressa Elizabeth Loftus ha trascorso decenni a studiare come i ricordi possano contaminarsi con quelli di altre persone, può succedere quindi che si ricordino a volte in modo abbastanza vivido e sicuro anche eventi mai accaduti. Loftus ha scoperto che i ricordi possono essere impiantati nella mente di qualcuno se esposto a disinformazione dopo un evento o se vengono poste domande suggestive sul passato. Un caso famoso fu quello di Gary Ramona, che fece causa al terapista di sua figlia per aver presumibilmente impiantato il falso ricordo di una violenza del padre nella mente della bambina. La ricerca di Loftus ha scosso il sistema giudiziario statunitense che si basa fortemente sulle testimonianze oculari. Ora, i risultati che mostrano che anche i ricordi apparentemente impeccabili sono suscettibili alla manipolazione potrebbero avere “importanti implicazioni nei campi della psicologia legale e clinica in cui la contaminazione della memoria ha avuto conseguenze particolarmente importanti“, scrivono gli autori dello studio PNAS.
Tutta la memoria, come ha spiegato McGaugh, è colorata con frammenti di esperienze di vita: quando le persone ricordano stanno “ricostruendo“, ha detto. “Non significa che sia totalmente falso, significa che stanno raccontando una storia su se stessi e stanno integrando cose che ricordano davvero in dettaglio, con cose generalmente vere.“
Lo studio PNAS, condotto da Lawrence Patihis, è il primo in cui le persone con memoria autobiografica superiore alla media sono state testate per falsi ricordi. Tali individui possono ricordare i dettagli di ciò che è accaduto ogni giorno della loro vita fin dall’infanzia e quando questi dettagli sono verificati tramite giornali, video o altra documentazione, sono corretti nel 97% dei casi.
A venti persone con una memoria di questo tipo sono stati mostrati dei filmati e in seguito, hanno fatto leggere loro dei brani inerenti i video, contenenti false informazioni. Quando poi sono state fatte loro delle domande sugli eventi dei video, i soggetti con ottima memoria hanno indicato i fatti errati, letti nelle notizie false, come verità allo stesso modo delle persone con memoria normale.
In un altro test, è stato detto ai soggetti che c’erano dei video sull’incidente aereo della United 93 in Pennsylvania l’11 settembre 2001, anche se non esistono filmati reali. Quando è stato chiesto se si fossero ricordati di aver visto il filmato, il 20 percento dei soggetti con memoria autobiografica altamente superiore indicava di averlo fatto, rispetto al 29 percento delle persone con memoria nella norma.
I personaggi noti sono immuni ai falsi ricordi?
Loftus, che è stata in grado di convincere con successo la gente di essersi persa in un centro commerciale durante l’infanzia, ha sottolineato che i falsi ricordi si verificano anche tra le persone di alto profilo: una volta Hillary Clinton affermò di essere stata bersaglio di un tiro da cecchino durante un viaggio in Bosnia nel 1996. “Quindi ho fatto un errore” ha detto Clinton in relazione al falso ricordo “Capita, dimostra che sono umana, il che, per alcune persone, è una rivelazione”.
“È molto convincente quando qualcuno racconta qualcosa con molti dettagli, soprattutto quando questi esprimono emozioni” ha detto Loftus “ma queste caratteristiche sono vere anche per i falsi ricordi, in particolare per quelli su cui si rimugina: possono essere molto dettagliati, possono avere componenti emotive che li rendono convincenti”.
“Sembra strano che le persone con memoria autobiografica superiore ricordino alcuni dettagli banali, come ciò che hanno mangiato 10 anni prima a pranzo, ma non altri, come le parole in un elenco o le fotografie in una presentazione”, hanno osservato Patihis e colleghi nello studio PNAS, “potrebbe essere dovuto al fatto che può esserci un significato personale rilevante che deriva da alcuni dettagli banali intrecciati in una narrazione“. Per tutti noi, più forte è l’emozione attribuita a un momento, più è probabile che le parti del nostro cervello coinvolte nella memoria si attivino. Come ha detto McGaugh, non ricorderesti ogni tratta di viaggio per andare al lavoro ogni giorno, ma se lungo uno di questi viaggi assistessi ad un incidente mortale, probabilmente lo ricorderesti. I ricordi che restano con noi si tingono di emozione.
“Perché l’evoluzione ha fatto sì che la memoria funzioni così?” si domanda McGaugh “perché è essenziale per la nostra sopravvivenza: un animale va nel torrente e viene morso da una tigre ma sopravvive, l’animale sa che è una buona idea non andare di nuovo in quel torrente“. (Ora sappiamo che anche gli animali sono probabilmente sensibili alle distorsioni della memoria, poiché i ricercatori del MIT recentemente sono stati in grado di impiantare con successo falsi ricordi nei topi). “Creiamo tutti delle narrazioni“, ha detto McGaugh spiegando che le persone hanno credenze e valori, e quindi sviluppano spiegazioni all’interno dei loro ricordi per tali credenze e valori: “stiamo tutti creando storie. Le nostre vite sono storie in questo senso“.
Il giornalismo può contribuire alla creazione di falsi ricordi?
Tutte queste osservazioni fanno riflettere sul giornalismo: le storie dei giornalisti sono state spesso considerate le prime bozze della storia. Come scrisse Carolyn Kitch della Temple University, sulla rivista accademica Memory Studies, forse “il giornalismo non si colloca in cima a un mucchio di verità gerarchica, come sostengono molti studiosi di giornalismo. Il giornalismo è nella memoria“. Sono stati intervistati testimoni degli attacchi terroristici dell’11 settembre, testimoni di un catastrofico incidente ferroviario e del massacro di Virginia Tech. Si dava per scontato che le persone intervistate avrebbero ricordato perfettamente eventi così scioccanti ed emotivamente carichi, ma anche questi ricordi in realtà si è dimostrato essere inaffidabili. Nel 1977, 60 testimoni oculari di un incidente aereo che ha ucciso nove persone sono stati intervistati dalla rivista Flying: avevano ricordi diversi. Uno dei testimoni ha spiegato che l’aereo stava andando dritto verso il suolo, verso il basso; tuttavia, le fotografie hanno mostrato che l’aereo è caduto piatto e con un’angolazione abbastanza bassa da scivolare per quasi mille piedi.
Per i giornalisti, “la memoria difettosa è sicuramente un problema. Quindi, come fare?” Non esiste alcuna garanzia assoluta che tutto in un resoconto giornalistico sia la verità assoluta, “ma tu come scrittore hai l’obbligo di avvicinarti il più possibile alla verità“, ha detto Meyer. Una storia vera viene sempre filtrata dall’opinione.
La mente e la sua memoria non solo registrano e recuperano informazioni ed esperienze, ma interferiscono anche, colmano lacune e costruiscono, ha scritto Bryan Boyd in On the Origin of Stories: “L’incapacità della memoria episodica di fornire repliche esatte di esperienze sembra non essere una limitazione della memoria ma un design adattivo“. La narrazione, come spiega Siegel, modella il significato e da ordine ad un’esistenza che altrimenti darebbe solo angoscia e caos. Questo è uno dei punti da prendere in considerazione per gli appassionati di saggistica quando pensano alle intersezioni tra storie e memoria. C’è armonia in entrambi.