Non Siamo Mai Stati Così Isolati..o Così Connessi
Cominciamo con l’ovvio: Covid-19, la malattia causata da un nuovo ceppo di coronavirus, è spaventosa. Si sta diffondendo rapidamente, attualmente non esiste un vaccino o un trattamento preventivo per esso, e non sappiamo quanto sia effettivamente mortale. In queste circostanze, è comprensibile che la gente si spaventi.
Ma un po’ dell’ansia del pubblico manifestata nelle ultime settimane è stata sproporzionata rispetto al rischio rappresentato da Covid-19, così come lo intendiamo oggi. A livello globale, circa 3.500 persone sono morte a causa della malattia dall’inizio dell’epidemia nell’autunno del 2019. Solo negli Stati Uniti, il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) stima che da ottobre sono morte da 20.000 a 52.000 persone a causa della comune influenza. E mentre le persone anziane e quelle con patologie respiratorie preesistenti sono motivo di preoccupazione, la grande maggioranza delle persone che si ammalano di coronavirus sviluppano sintomi lievi che possono essere curati a casa. Alcuni non avranno alcun sintomo.
Eppure l’economia mondiale è in crisi, le Chinatown sono vuote, la discriminazione contro gli asiatici è dilagante e la gente si accaparra le maschere facciali.
Perché abbiamo così tanta paura del Coronavirus?
La paura è un’emozione umana potente e primitiva. Ci avverte della presenza di un pericolo, ed era fondamentale per mantenere vivi i nostri antenati. La paura può essere divisa in due risposte: biochimica ed emotiva. La risposta biochimica è universale, mentre la risposta emotiva è altamente individuale.
Reazione biochimica
La paura è un’emozione naturale e un meccanismo di sopravvivenza. Quando affrontiamo una minaccia percepita, il nostro corpo risponde in modi specifici. Le reazioni fisiche alla paura includono la sudorazione, l’aumento della frequenza cardiaca e gli alti livelli di adrenalina che ci rendono estremamente vigili. Questa risposta fisica è anche conosciuta come la risposta “attacco o fuga“, nella quale il corpo si prepara ad entrare in combattimento o a scappare. Questa reazione biochimica è probabilmente uno sviluppo evolutivo. È una risposta automatica che è cruciale per la nostra sopravvivenza.
Risposta emotiva
La risposta emotiva alla paura è altamente personalizzata. Poiché la paura coinvolge alcune reazioni chimiche nel nostro cervello in comune con le emozioni positive come la felicità e l’eccitazione, sentire la paura in certe circostanze può essere anche visto come un divertimento, come quando si guardano film horror o thriller. Alcune persone sono come drogate di adrenalina, si nutrono di sport estremi e di altre situazioni che inducono paura. Altri hanno una reazione negativa alla sensazione di paura, evitando a tutti i costi le situazioni che la inducono.
La paura è incredibilmente complessa. Alcune paure possono essere il risultato di esperienze o traumi, mentre altre possono rappresentare la paura di qualcosa di completamente diverso, come la perdita di controllo. Altre paure ancora possono verificarsi perché causano sintomi fisici, come la paura dell’altezza che fa venire le vertigini e il mal di stomaco.
Anche se la reazione fisica è la stessa, la paura può essere percepita come positiva o negativa, a seconda della persona.
Cosa c’entra tutto questi concetti sulla paura con gli effetti del Coronavirus su di noi?
Qui entrano in gioco entrambe le reazioni, sia quella biochimica, che quella emotiva, oltre che alcuni meccanismi alla base del pregiudizio dovute ad un mix di emozioni mal calibrate e conoscenze limitate che ci fanno mettere in atto particolari atteggiamenti che a loro volta rafforzano la nostra paura e amplificano il ciclo.
In primo luogo, c’è quello che gli psicologi chiamano “pregiudizio della disponibilità“, il che significa che è più probabile che diamo peso ad eventi che possiamo immediatamente ricordare. Il ciclo non stop dei media che circonda l’epidemia, di cui questo articolo fa parte, non aiuta in questo senso. “Mette le persone in uno stato di iper-vigilanza, così che ogni informazione su di esso si auto-perpetua“, spiega Dorothy Frizelle, una psicologa clinica consulente per la salute nel Regno Unito. “Le persone notano di più, sentono di più, leggono di più e interpretano la cosa in modo minaccioso“.
E l’emozione compromette la nostra percezione del rischio: la percezione del rischio è raramente del tutto razionale. Le persone valutano i rischi utilizzando una miscela di abilità cognitive (valutando le prove, usando il ragionamento e la logica per raggiungere delle conclusioni) e di valutazioni emotive (intuizione o immaginazione). L’esperto di rischio David Ropeik ha identificato 14 fattori specifici che influenzano la percezione del pericolo:
La fiducia: Quando le persone si fidano dei funzionari che forniscono informazioni su un particolare rischio – o sul processo utilizzato per valutare il rischio – tendono ad avere meno paura di quando non si fidano dei funzionari o del processo. La situazione della politica Italiana al momento dell’emergenza non è delle migliori, in continua ricerca di leader e di schieramenti definiti: questo non aiuta a capire a chi dare ascolto e quali sono i canali più affidabili.
Origine: Le persone sono meno preoccupate dei rischi che corrono per propria decisione, rispetto a quelli che sentono imposti da altri. Questo aiuta a spiegare perché spesso ci si arrabbia quando si vede qualcuno parlare al cellulare mentre guida, e non quando siamo noi a farlo. Si collega con il fattore successivo..
Controllo: Anche il controllo percepito sui risultati conta. Non abbiamo paura di guidare un’auto – anche se gli incidenti automobilistici uccidono migliaia di persone ogni anno – ma paura di volare in aereo guidato da qualcun altro. In questo momento non abbiamo la percezione di controllo della situazione, anche se mettiamo in atto tutti i comportamenti necessari.
La natura: I pericoli in natura – come l’esposizione al sole – sono percepiti come relativamente benigni, mentre i danni causati dall’uomo – incidenti nucleari o attacchi terroristici – sono più minacciosi. C’è anche l’ipotesi che il Covid19 sia stato creato in laboratorio, questo accresce notevolmente la paura.
Portata: Gli eventi catastrofici, capaci di uccidere molte persone allo stesso tempo, sono più spaventosi di quelli cronici – che possono uccidere altrettante persone, ma in un periodo più lungo. Questo aiuta a spiegare perché uno tsunami, un terremoto, o appunto una pandemia fanno più paura delle malattie cardiache o del diabete.
Consapevolezza: La copertura mediatica di disastri di alto profilo aumenta la consapevolezza di particolari rischi più di altri. Allo stesso modo, un evento che colpisce vicino a casa, come avere un amico a cui è stato diagnosticato un cancro, aumenta la percezione del rischio. In effetti il rischio è aumentato quando il virus si è diffuso in Italia, ma questo non significa che non esistesse anche prima, quando era confinato alla sola Cina.
L’immaginazione: Quando le minacce sono invisibili o difficili da comprendere, come un virus che non provoca particolari sintomi per l’appunto, le persone si confondono sulla natura del rischio e l’evento diventa più spaventoso.
Il terrore: Gli eventi che invocano il terrore – come l’annegamento o l’essere mangiati vivi – spaventano le persone più di quelli che non lo fanno. In questo momento si sta fomentando l’idea di una pandemia mondiale degna dei migliori film di fantascienza.
L’età di chi è a rischio: I rischi sono più spaventosi quando colpiscono i bambini o gli anziani. In effetti non si parla di altro.
Incertezza: Gli eventi suscitano più paura quando i funzionari non comunicano ciò che è noto, o quando i rischi sono semplicemente sconosciuti. Ho sentito più di una persona parlare di informazioni mancanti o di “complotto” relativo al virus.
Familiarità: I nuovi rischi sono percepiti come più pericolosi rispetto alle minacce più familiari. Ecco perché il Coronavirus è percepito a maggior ragione come un rischio per la salute, piuttosto che i danni provocati dal fumo delle sigarette che continua ad agire.
Specificità: Le vittime che vengono identificate pubblicamente evocano una reazione emotiva maggiore rispetto a quelle che rimangono senza nome e senza volto. I mass media diffondono in continuazione i nomi di personaggi famosi e conosciuti che presentano sintomi; inoltre, avviene un passaparola molto veloce rispetto ai nomi di chi sta male anche vicino a noi.
Impatto personale: I rischi che colpiscono le persone conosciute sono più spaventosi di quelli che colpiscono gli estranei. In questo caso ognuno di noi può essere ipoteticamente esposto al contagio.
Fattore di divertimento: Impegnarsi in un comportamento rischioso può non sembrare così se comporta piacere. Alcuni esempi sono l’assunzione di droghe, il sesso non sicuro e gli sport ad alto rischio. Non essendoci nessun tipo di divertimento in questa situazione (che anzi, lo limita molto) il rischio percepito è molto alto.
Coronavirus: la disinformazione online e la ricerca di un nemico
“Siamo esseri umani, quindi siamo pronti a rispondere alle minacce, a proteggere noi stessi“, spiega Frizelle, “ma è davvero difficile farlo… quando la minaccia è così incerta e potenzialmente di vasta portata“. È da lì che si comincia a vedere la gente assumere comportamenti più insoliti come, ad esempio, il panico o l’acquisto per mesi di forniture essenziali e di materiale medico non essenziale. Anche se la preparazione è buona, andare a questo estremo non è innocuo: può privare gli operatori sanitari in prima linea di forniture mediche essenziali, come guanti, respiratori e schermi facciali.
Inoltre siamo pessimi a individuare la disinformazione online, in parte perché non ci prendiamo il tempo, o non sappiamo come, per verificare correttamente i fatti. Ma anche perché i nostri ricordi ci giocano brutti scherzi, incoraggiandoci a credere alle cose che leggiamo ripetutamente, a cercare informazioni che convalidino le nostre convinzioni preesistenti e a ricordare cose che suscitano forti emozioni più di di altre più neutre.
Sembra anche che ci sia qualcosa nella paura che ci spinge a puntare il dito contro gli altri. Poiché l’epidemia ha avuto origine a Wuhan, in Cina, i sentimenti e gli attacchi anti-asiatici sono aumentati. Spiega Alison Holman, professore associato della scuola per infermieri della UC Irvine ed esperta di psicologia della salute: “Ci sono persone che hanno già dei pregiudizi, e quindi una cosa del genere non fa che rafforzare i presupposti e gli stereotipi che possono avere nella loro mente su un particolare gruppo di persone“.
Cosa possiamo fare per prenderci cura di questa paura?
Metin Başoğlu e i suoi colleghi raccomandano di fare il possibile per riaffermare un senso di controllo sulle proprie paure, senza esagerare e rischiare di contribuire al panico pubblico. “Questo include rimanere informati senza esagerare”, dice Holman dell’UC Irvine, “troppa esposizione mediatica, lo sappiamo, può aumentare l’ansia. Si ottiene ciò di cui si ha bisogno e si lascia il resto“.
È importante mettere in atto i comportamenti precauzionali e le misure suggerite dal Governo, vista l’alta probabilità di contrarre la Covid-19. “Ci sono cose importanti, molto basilari che le persone possono fare per riprendersi il potere e controllare, almeno nella misura del possibile, il proprio grado di vulnerabilità a questa malattia“, dice Holman. Queste includono l’isolamento, limitando i contatti con altre persone e le uscite (se non per motivi sanitari, di lavoro o di sostentamento), il controllo della temperatura se ci si ammala e lavarsi regolarmente le mani con acqua e sapone.
“Un’epidemia che si diffonde rapidamente può essere un momento particolarmente difficile per le persone con condizioni di salute mentale preesistenti come l’ansia o il disturbo ossessivo-compulsivo”, sottolinea Holman. È qui che i social network di supporto sono cruciali: “Raccomanderei alle persone che tendono ad essere più ansiose di connettersi in modo sicuro con le persone di cui si fidano, che possono aiutarle a calmarsi e… a cui possono rivolgersi per un sostegno“.
È fondamentale non lasciare che il panico prenda il sopravvento sui nostri processi decisionali e di pensiero razionale. Altrimenti, dice Başoğlu, “Il prezzo da pagare potrebbe essere molto più alto della minaccia che il virus rappresenta“.
Se senti una paura crescente, una preoccupazione smisurata, se percepisci l’ansia avere il sopravvento contattami: in questo periodo così difficile ho previsto delle modalità alternative di colloquio che garantiscono la sicurezza di tutti: colloquio telefonico o via skype. È importante non rimanere isolati più di quanto questa situazione lo imponga!
La paura del Coronavirus ci mette a dura prova soprattutto quando si tratta di dover gestire l’ansia e lo stress per la quarantena. Se avete bambini chiusi in casa con voi avranno sicuramente molte domande e il blog può aiutarvi se andrete a leggere l’articolo che parla su come parlare del Coronavirus ai vostri figli. Se avete difficoltà a trovare un modo per allentare la tensione grazie sempre al blog potrete imparare degli utili esercizi di respirazione.